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Pelobate fosco

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Il pelobate fosco

Descrizione morfologica


Un maschio di pelobate fosco
Il pelobate fosco italiano (Pelobates fuscus insubricus) è un piccolo anfibio anuro, cioè privo di coda, dall’aspetto compatto e corpo ovoidale, avente una lunghezza media di 40 mm nei maschi e 45 mm nelle femmine.
Nonostante la somiglianza morfologica con i rospi, il pelobate non presenta la tipica pelle rugosa di questi ultimi, ma anzi appare liscio come le rane, soprattutto durante la stagione riproduttiva quando è nella fase acquatica.
Il colore di base della pelle è grigio perla o giallastro, su cui spiccano macchie grigio-verdastre e puntinature rosse.
Ogni esemplare di pelobate presenta una distribuzione peculiare di queste macchie, che ne permette il riconoscimento individuale, funzionando esattamente come un’impronta digitale.
Un altro elemento utile a distinguere il pelobate dagli altri anfibi è la pupilla verticale e non orizzontale o cuoriforme, come in altre specie.

La "vanga" sulla zampa
posteriore di un pelobate.
Le zampe posteriori, corte e robuste, presentano un tubercolo corneo, a forma di mezza luna, detto comunemente “vanga”. Grazie a questo tubercolo il pelobate è in grado di scavare nei suoli più sciolti e sabbiosi ed interrarsi anche a discrete profondità.
I maschi non possiedono sacchi vocali ma durante la stagione degli amori sono riconoscibili dalle femmine grazie a una voluminosa formazione ghiandolare ovale che si sviluppa sui loro avambracci.
Le femmine inoltre, in primavera, appaiono più rotondeggianti e con una colorazione più grigia e meno giallastra rispetto ai maschi.



Due maschi e due femmine
di pelobate fosco.
I maschi sono riconoscibili per
le dimensioni ridotte,
la colorazione più giallastra
e le ghiandole omerali
sugli avambracci.


In primo piano rospo comune,
in secondo piano pelobate fosco
e sullo sfondo rospo smeraldino.
E' evidente la pupilla verticale del
pelobate fosco, rispetto a quelle
orizzontali degli altri due rospi.

Distribuzione e status di conservazione

Clicca sulla carta per ingrandirla

Areale di distribuzione del
pelobate fosco in Italia
(tratto da Atlante degli anfibi
e dei rettili d'Italia,
a cura di Franco Bernini,
Giuliano Doria, Edoardo Razzetti
& Roberto Sindaco, 2006,
Ed. Polistampa)
Le popolazioni italiane di pelobate fosco sono ascritte alla sottospecie insubricus, endemica della Pianura Padana e gravemente minacciata di estinzione.
I caratteri che distinguono l’insubricus dalla sottospecie nominale (Pelobates fuscus fuscus), presente nel resto d’Europa, sono limitati e riconducibili a differenze di colorazione e nelle vocalizzazioni. La validità a livello genetico di tale distinzione è tuttora oggetto di discussione a studio fra gli esperti e quindi la classificazione tassonomica del Pelobates fuscus insubricus è ancora lontana dall’essere chiarita del tutto.
La specie nominale ha una distribuzione molto ampia, che comprende pianure e zone collinari di buona parte dell’Europa centro-orientale, principalmente concentrate in Germania, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria, Romania e Bulgaria.
In Italia la specie ha sempre avuto una distribuzione assai più ridotta, in pratica limitata ad alcune regioni settentrionali. Nel 1873 la distribuzione della specie fu descritta da Emilio Cornalia: il pelobate all'epoca era abbondante e comune in tutta la Pianura Padana, da Cuneo fino a Ravenna. Nel corso del ‘900, a causa della graduale intensificazione delle pratiche agricole e della progressiva urbanizzazione delle campagne, si è assistito alla sua progressiva scomparsa e pressoché totale estinzione da tutto l’areale originario, fatta eccezione per alcune piccole aree residue.
Attualmente la maggior parte delle popolazioni conosciute è localizzata lungo la fascia pedemontana piemontese e lombarda e nella bassa Pianura Padana, dove recentemente sono state riscontrate anche alcune popolazioni a sud del Po. La conservazione di queste residue popolazioni di pelobate fosco italiano è indicata come prioritaria dall’Unione Europea, ai sensi dell’Allegato II della Direttiva 92/43/CEE (nota come Direttiva “Habitat”). Le aree di presenza di questa specie sono pertanto state inserite nella Rete Natura2000, come Siti di Importanza Comunitaria.
Il SIC IT1110035 “Stagni di Poirino-Favari” è stato istituito nel 2004 proprio in quest’ottica, allo scopo di tutelare i siti umidi nel territorio a sud di Torino che erano noti storicamente per la presenza del pelobate fosco.

Habitat ed ecologia


Lo stagno dei Tre Comuni a Villastellone,
un habitat potenzialmente adatto
al pelobate fosco.
Il pelobate fosco frequenta ambienti planiziali o di bassa collina e si ritrova in habitat anche piuttosto variegati (boschi di latifoglie o conifere, prati stabili, campi coltivati, risaie, pioppeti, etc) ma tutti accomunati dalla presenza di un suolo con una discreta componente sabbiosa o comunque soffice.
Il pelobate infatti trascorre gran parte dell’anno interrato in gallerie profonde anche 70 cm, dalle quali emerge solo per riprodursi e nutrirsi
Gli habitat riproduttivi sono molto vari e comprendono stagni, paludi, canali d’irrigazione, risaie, laghetti e pozze più o meno temporanee; sono documentati anche casi di riproduzione in prati allagati.

Un pelobate fosco sulle rive
dello stagno di Tetti Elia a Poirino.
Il pelobate pare preferire d’altronde le zone umide di recente formazione o comunque con caratteristiche di temporaneità, comportandosi da anfibio colonizzatore. Questa preferenza è probabilmente dovuta all’assenza di particolari adattamenti antipredatori del girino nei confronti dei pesci e degli altri predatori tipici delle zone umide più mature, come ad esempio larve di libellule, notonette e scorpioni d’acqua.
Le abitudini e gli ambienti frequentati dal pelobate nelle altre stagioni sono invece ancora pressoché sconosciuti, data l’elusività della specie e la difficoltà di studiarla al di fuori del periodo riproduttivo.

Alimentazione


Il pelobate fosco si nutre di invertebrati
di dimensioni anche notevoli,
come per esempio i lombrichi.
Gli adulti di pelobate fosco si nutrono di coleotteri (specialmente carabidi), anellidi oligocheti (lombrichi) e gasteropodi polmonati (lumache e chiocciole) che cacciano attivamente in superficie nelle notti piovose.
Le tecniche di caccia utilizzate sono prevalentemente due: in ambienti naturali, con folta vegetazione, il pelobate cerca attivamente le prede; in ambienti agricoli, invece, grazie alla maggiore visibilità tende ad appostarsi e aspettare che le prede passino nelle vicinanze.
I girini invece si nutrono prevalentemente di vegetali e in particolare di alghe, piante acquatiche e detriti vegetali, nonché di protozoi. Anche i resti di origine animale e i micro-invertebrati acquatici possono entrare nella dieta dei girini, anche se in proporzione inferiore.

Riproduzione


Pelobati in accoppiamento,
con il maschio che cinge la femmina
all'inguine
Alla fine di febbraio i pelobati si risvegliano dallo stato di ibernazione invernale, riemergono in superficie dalle loro gallerie e migrano verso gli stagni dove avviene la riproduzione. La stagione riproduttiva costituisce il momento migliore per studiare questa specie elusiva, che solo in questo periodo diventa più facilmente contattabile.
I maschi raggiungono la maturità sessuale a 1 anno d’età, rispetto alle femmine che si riproducono per la prima volta soltanto a 2 anni. Il tempo di permanenza in acqua è più lungo nei maschi che non nelle femmine, le quali si allontanano rapidamente dallo stagno dopo la deposizione delle uova.
Il corteggiamento avviene tramite vocalizzazioni tipiche, una specie di sordo “clock-clock-clock”, emesse con diverse tonalità sia dai maschi che dalle femmine.
L’accoppiamento è inguinale, con il maschio che cinge la femmina all’attaccatura delle zampe posteriori e non all’altezza delle ascelle, come avviene invece negli altri anfibi. I cordoni di uova vengono deposti avvolgendoli a spirale sulla vegetazione sommersa, a circa 15 cm sotto il pelo dell’acqua.

Un'ovatura di pelobate fosco,
deposta in acquario.
Il tempo necessario alle uova per schiudere dipende dalla temperatura dell’acqua, ma generalmente è compreso tra i 7 e i 15 giorni. Lo sviluppo dei girini dura mediamente 80 giorni ma può accelerare o rallentare a seconda dei diversi fattori climatici e ambientali.
I girini hanno forma ovoidale e coda ben sviluppata e appuntita, con creste caudali molto alte e orifizio cloacale sul lato inferiore della pinna caudale. Gli occhi sono grandi e molto distanziati, leggermente sporgenti. Lo spiracolo, l’apertura da cui esce l’acqua già filtrata dalle branchie, è sul fianco sinistro. Osservando la bocca sono poi ben visibili i due rostrodonti neri.
Il girino di pelobate può arrivare eccezionalmente a una lunghezza di 180 mm, mentre normalmente a fine sviluppo misura circa 100 mm.
Al momento della metamorfosi i giovani pelobati sono generalmente lunghi 28-36 mm, ovvero circa il 40-50% della dimensione che raggiungeranno da adulti, una percentuale importante se paragonata alle ridottissime dimensioni dei neometamorfosati, ad esempio, di rana verde minore.
Il prolungato sviluppo larvale e le grandi dimensioni raggiunte dai girini prima e dai giovani poi, sembrano essere un adattamento agli habitat imprevedibili e temporanei dove questi anfibi vivono: in tali ambienti è infatti vantaggioso essere già da subito adattati alla vita terrestre ed in grado di predare invertebrati di dimensioni significative.


Girini di pelobate fosco.

Un giovane neometamorfosato
di pelobate fosco.

Minacce

La principale minaccia che riguarda il pelobate fosco è la distruzione dell'habitat. La scomparsa delle zone umide dalla Pianura Padana, e la continua perdita e riduzione delle poche rimaste, è la principale causa del declino di questa specie, incapace di adattarsi a drastiche modificazioni ambientali.
Esemplare di rana toro, che
rappresenta una grave minaccia
per il pelobate fosco
Il pelobate poi ha numerosi nemici naturali in quanto, diversamente da altri anfibi (come ad esempio le salamandre o i rospi smeraldini), non è tossico e può quindi essere preda di numerosi animali. Moltissimi uccelli se ne cibano regolarmente, come ardeidi, strigiformi, corvidi e falconiformi, ma anche altri animali come pesci, rettili, mammiferi e perfino anfibi.
Un'altra grave minaccia è rappresentata dall'introduzione nell'ambiente da parte dell'uomo di fauna alloctona, come ad esempio le tartarughe d'acqua esotiche (genere Trachemys) o la rana toro (Lithobates catesbeianus). Le tartarughe, abili predatrici, sono infatti un grave pericolo per tutti i nostri anfibi ma in particolare possono essere davvero impattanti sui girini di pelobate. La rana toro, oltre al rischio di predazione diretta sui girini e sui giovani di pelobate, presenta anche una grave problematica sanitaria: essa infatti è portatrice di una patologia fungina, la chitridiomicosi, tristemente famosa per aver già causato gravissime estinzioni di anfibi nel resto del mondo.

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